
Federico Garibaldi, Brück, Bonfanti in mostra a Riad
Tre visioni nel cuore del mondo arabo
Tra Italia e Arabia Saudita, l’arte si fa linguaggio universale di scambio e comprensione. Fino al 6 giugno 2025, la Fondazione L’Art Pur di Riad ospita la mostra “Venezia, Riad e l’eredità di Marco Polo”, un progetto che intreccia culture e visioni attraverso le opere di tre artisti italiani: Federico Garibaldi, Manuel Bonfanti e Florencia Brück. Tra fotografia, pittura e arte digitale, la narrazione si sviluppa in un percorso indipendente e corale, dove spicca l’intensità poetica di Garibaldi, autore di una cartografia visiva che trasforma il viaggio in racconto del tempo.

L’artista Federico Garibaldi foto di Michael Yamashita
TECARTISTI.COM – RIAD. Alla Fondazione L’Art Pur, uno dei più grandi e innovativi spazi espositivi del Medio Oriente, si sta tenendo fino al 6 giugno la mostra “Venezia, Riad e l’eredità di Marco Polo: si apre un nuovo orizzonte”, un progetto espositivo che coinvolge tre artisti italiani in una personale-collettiva dove ogni autore dialoga con il pubblico da una sala indipendente, all’interno di un’unica narrazione condivisa.
Ad esporre opere singolari che raccontano passato, presente e futuro, in modo assoluto, è il fotografo e artista visivo Federico Garibaldi, la cui poetica multidisciplinare eleva il concetto di immagine a racconto immersivo, oltre i confini del tempo.
Curata da Giacomo Marco Valerio e prodotta da Cypher e Area35 Art Gallery, con il supporto dell’Ambasciata d’Italia a Riad e il patrocinio della Società Dante Alighieri, la mostra propone un dialogo contemporaneo attorno alla figura di Marco Polo, riletto attraverso sensibilità artistiche differenti: Manuel Bonfanti, Florencia Brück e, appunto, Garibaldi.
Tecnologia, materia e visione poetica
Florencia Brück, artista digitale, multidisciplinare e programmatrice, indaga i linguaggi dell’intelligenza artificiale come strumenti di memoria e proiezione. La sua ricerca si muove tra codici e poesia, trasformando algoritmi in narrazioni sensibili. Le sue opere sembrano interrogare il futuro da un altrove già presente, offrendo visioni che fondono tecnologia ed emozione.
Manuel Bonfanti, invece, affida alla pittura la costruzione di un universo denso di materia e simbologia. Le sue tele monumentali evocano scenari archetipici, carichi di stratificazioni formali e spirituali. L’impiego della materia pittorica non è mai puramente estetico: è gesto rituale, azione che imprime sul supporto una forza quasi liturgica.
Accanto a queste due visioni così potenti, emerge la voce di Federico Garibaldi, la cui profondità e rigore visivo costruiscono un contrappunto poetico fatto di luce e silenzio.
La sua serie blueShores non rappresenta solo immagini, ma l’essenza stessa del viaggio come esperienza interiore e collettiva.
Garibaldi, intervistato da Arab News, afferma:
“Come fotografo, catturo un istante, lo congelo per dargli un nuovo significato. Racconto una storia. La mia fotografia è la somma di più momenti per costruire una narrazione. Si tratta di raccontare la storia di tutti quei momenti, quando arriva il tempo di farlo.”
Garibaldi, il racconto del tempo in un solo sguardo
Il suo lavoro emerge come una cartografia dello sguardo: ogni immagine è una finestra aperta sulla fragilità e la potenza del tempo, una riflessione sull’effimero che diventa struttura narrativa.
Garibaldi non si limita a documentare.
Interpreta, compone, disegna con la luce un linguaggio poetico dell’altrove.
L’ambasciatore d’Italia in Arabia Saudita, Carlo Baldocci, ha definito la mostra “un viaggio di amicizia e collaborazione”, sottolineando l’importanza dello scambio artistico e culturale tra Italia e Arabia Saudita.
La cerimonia inaugurale ha visto la partecipazione della fondatrice della Fondazione, la principessa Adwaa bint Yazid Bin Abdallah, e della direttrice Rania Rizk.
In questo contesto, le opere dei tre artisti italiani non sono semplicemente espressioni artistiche: diventano ponti tra civiltà.
È lo sguardo di un nuovo Marco Polo che, attraverso lenti contemporanee, percorre rotte invisibili, tracciate da silenzi, dettagli e memorie condivise.